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Generale

Federalismo, presidenzialismo e nucleare

Dal dibattito che si è aperto, si direbbe che le elezioni non abbiano riguardato l’amministrazione delle Regioni, ma l’assetto del potere centrale statale (federalista e presidenzialista?) e il futuro di Berlusconi e Bossi (con figlio annesso).

Può allora sembrare esagerato affermare che gli elettori siano stati imbrogliati e trattati da puri spettatori, purtroppo consenzienti, di una partita che riguarda solo la spartizione del potere e mai la partecipazione? Proverò nei prossimi giorni a sollevare questioni che rischieremo di non decidere mai più insieme, ma che decideranno nelle loro stanze, caminetti e ville “lorsignori”. Sperando di far riflettere sul danno di un sequestro della democrazia a cui ci stiamo abituando.

Partiamo dall’imbroglio del nucleare. Dopo le elezioni gli occhi sono puntati su Piemonte e Lazio, due regioni che vedevano gli sfidanti del centrosinistra fieramente antinucleari e dove anche i vincitori del centrodestra, non sappiamo quanto convintamente, si sono espressi in maniera critica sulla localizzazione nella propria regione.

Quel giuramento dei candidati governatori sul palco di Roma a fianco di Berlusconi potrà giustificare un cambio di posizione post-elezioni? Intanto, la scelta nucleare pare non solo problematica sul versante delle localizzazioni, ma sempre meno credibile come opzione strategica. L’elevato costo del kWh atomico dovrà confrontarsi nei prossimi decenni con quello delle fonti rinnovabili, che invece è destinato a calare seguendo la curva di apprendimento. Interessi sempre più forti spingono l’acceleratore delle rinnovabili. Uno studio dei giorni scorsi, elaborato da credibili centri di ricerca europei e condiviso da importanti imprese, delinea uno scenario che consentirebbe di soddisfare la domanda elettrica del nostro continente con energie pulite entro 40 anni.

Quando le nostre eventuali centrali nucleari dovessero erogare un contributo significativo di energia – fra una ventina di anni – si troverebbero in controtendenza rispetto ad un trend di produzione spinta di rinnovabili decentrate e al consolidamento di giganteschi progetti eolici off-shore nel Mare del Nord e solari nel Nord Africa. Lo scenario che si delinea è quello di una elettricità a basso costo in competizione con i carissimi kWh atomici sostenuti con aiuti pubblici. I prossimi anni ci diranno se l’ipotesi nucleare, come probabile, naufragherà sugli scogli dell’opposizione locale e dello scetticismo del mondo finanziario.

Certo è che questa scelta rischia di distogliere risorse e tempo dalla vera avventura che è partita, quella delle energie rinnovabili, che come nel caso dell’eolico e del fotovoltaico si è consolidata su scala mondiale anche in un periodo di crisi come l’attuale.

Il problema principale per la Lombardia, per il futuro del lavoro e dell’impiego qualificato dei giovani, della ricerca, della riqualificazione delle imprese artigiane, sarà di subire i diktat delle lobbies romane benedette da Bossi o di cercare una strada creativa come quella del solare e del risparmio, che risponde ambientalmente e socialmente ai problemi del territorio?