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Energia

L’ERA DEL FOTOVOLTAICO, IL MEZZOGIORNO E IL MEDITERRANEO

L’ERA DEL FOTOVOLTAICO, IL MEZZOGIORNO E IL MEDITERRANEO

Mentre infuriava, come un temporale agostano, l’equivoca polemica sui rigassificatori sono sfuggiti all’attenzione della grande  stampa (ad eccezione del Il Sole 24 Ore) ed anche delle organizzazioni ambientaliste, sindacali e persino politiche i dati sullo sviluppo del fotovoltaico in Italia.

In pochi mesi, dopo la pubblicazione del decreto attuativo delle direttive comunitarie, sono state rovesciate sui tavoli del gestore della rete GS-GRTN 16.870 domande di installazione per più di 1.000 Mw di potenza. Un balzo prodigioso, rispetto alle poche decine di Mw finora installati in Italia, che ci avvicina ai paesi leaders del fotovoltaico: il Giappone e la Germania.  Con una normativa innovatrice si è  introdotto il “Conto Energia”. Cioè il pagamento dell’energia solare prodotta ad una tariffa preferenziale (in sostituzione degli interventi in conto capitale risultati troppo inefficienti e costosi).

L’esperienza tedesca è alla base sia del Libro Verde sull’Energia della UE del  1997, sia della direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001. Il governo Berlusconi si prese altri tre anni di tempo per pubblicare nella GU del 25/01/2004 un decreto legislativo di attuazione, che per entrare in funzione dovette attendere il decreto ministeriale attuativo del 28/07/2005, modificato da un successivo decreto del 6 febbraio 2006. Quasi 9 anni per attuare una direttiva basata su un’esperienza portata avanzati dagli inizi degli anni ‘90 dalla Germania  per merito dei Verdi e della sinistra ecologista della SPD, capeggiata da Hermann Scheer.

I decreti di Berlusconi hanno non solo accumulato un ritardo ma  posto un limite estremamente basso allo sviluppo dell’energia fotovoltaica. L’articolo 1 dell’ultimo provvedimento, infatti, dice: “l’obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica da installare entro il 2015 è incrementato a 1.000 Mw”. Cioè ci troviamo davanti ad un provvedimento che invece di incentivare il  fotovoltaico ne blocca, con limiti irrisori 80 Mw l’anno, lo sviluppo. La società italiana ha risposto con le 16.870 domande per oltre 1.200 Mw presentate in pochi mesi. Ciò per due motivi: in primo luogo perché a livello internazionale lo sviluppo del fotovoltaico  produce, come è ovvio, un abbassamento dei costi degli impianti ed un miglioramento della loro qualità e, fatto ancora più importante, a parità di tecnologia un pannello di un mq installato a Berlino produce 860 Kw/ora all’anno, a Milano ne produce 1.000, a Trapani ed a Lampedusa supera i 1.500 (e nella fascia  meridionale del Mediterraneo e nel Sahara?). L’Italia si trova in una situazione di  privilegio soprattutto (come per l’eolico) nel Mezzogiorno.  Nella graduatorie delle domande accettate (e quindi anche di quelle presentate) sono in testa la Puglia, la Sicilia e la Basilicata. Se fossero state accolte tutte le domande la produzione di energia elettrica sarebbe aumentata in tep (tonnellate equivalenti petrolio) di una quantità che si avvicina a quella che nell’inverno scorso, nel momento più acuto della crisi ucraina, è venuta a mancare al sistema energetico italiano.

Questi dati hanno colto di sorpresa non solo i fautori delle energie fossili ma anche parecchi ambientalisti che ritenevano non maturi i tempi del fotovoltaico rispetto, ad esempio, a quelli dell’eolico o del biodiesel che invece hanno già raggiunto piena concorrenzialità  economica.

Il fotovoltaico acquista una particolare valenza, anche rispetto a queste fonti, per diverse ragioni.

In primo luogo un impianto, nella sua parte fondamentale, le celle, produce energia senza mettere in movimento nessun elemento meccanico e nessun ciclo agrario (basta la sola esposizione al sole. I giapponesi sostengono che queste celle possono funzionare anche oltre i 30 anni e fino a 80 anni praticamente senza manutenzione).

In secondo luogo il fotovoltaico usa lo stesso elemento, il silicio, che è alla base della rivoluzione dei telefonini e dei computers   che trasformano l’energia elettrica che ricevono in impulsi operativi, mentre la cella fotovoltaica trasforma la luce solare in energia elettrica.

Il solare fotovoltaico può avere gli stessi ritmi di sviluppo che hanno avuto le due precedenti utilizzazioni del silicio, in tempi ristretti ed impensabili fino a poco tempo fa, e determinare effetti analoghi a quelli verificatisi nell’era del carbone (la rivoluzione industriale descritta nel Manifesto) e del petrolio (il fordismo intravisto da Gramsci dal fondo di una prigione fascista) che hanno modificato profondamente la natura del capitalismo ma anche della società e della cultura. Naturalmente gli interessi colpiti dei grandi monopoli energetici nazionali ed internazionali cercano di opporsi sollecitando anche provvedimenti di tipo berlusconiano che il governo dell’Unione deve rovesciare segnando una netta discontinuità.

In ogni caso bisogna dare una risposta. Dietro le 16.870 domande  ci sono imprese agricole e industriali piccole medie, enti locali, famiglie, condomini che vogliono affrancarsi dalle servitù dei grandi monopoli energetici e partecipare, così,  alla trasformazione ambientalista della società. Di fronte a questo fatto occorre nell’immediato affrontare tre  ordini di questioni a partire dalla Finanziaria che si discuterà nei prossimi mesi.

Innanzitutto occorre trasformare la legislazione berlusconiana secondo i principi di quella  tedesca che non stabilisce alcun limite alla presentazione delle domande.

Bisogna poi, per  venire incontro non solo alle domande già presentate ma a quelle che saranno inoltrate nei prossimi mesi ed anni, definire i nuovi compiti  e la nuova veste giuridica della GS-GRTN. E’ aberrante che a decidere sulle  domande di trasformazione del sistema energetico debba essere chiamata una SPA  filiale dell’Enel privatizzato che in quanto produttore di energia elettrica da fonti fossili è obiettivamente in palese conflitto di interessi con uno  sviluppo di massa delle energie rinnovabili . La direttiva comunitaria richiede infatti che alle fonti rinnovabili sia garantito un accesso prioritario alla rete elettrica ed una gestione della stessa che abbia tutte le garanzie di essere oggettiva, trasparente e non discriminatoria.

Si apre  così una riflessione che porta a misure che ristabiliscano il prevalere dell’interesse pubblico, come ai tempi dell’ENI e di Mattei, sull’interesse privato.

Infine sorge il problema della ricerca e dell’innovazione.

Abbiamo perso il treno della microelettronica, nella fase iniziale, abbiamo però, malgrado tutto, almeno in Sicilia  con l’impianto di Catania della SMT un grosso complesso industriale. Nei convegni promossi dal Cepes su Il Sole del Mediterraneo, per spinta di Claudio Sabbatini allora segretario della Fiom Siciliana, fu chiesto alla SMT di emulare l’azione, condotta ormai da oltre un decennio dalla Sharp giapponese, azienda leader anche nel fotovoltaico inizialmente sviluppato per utilizzare  gli scarti di lavorazione del silicio impiegato nei computers e nei telefonini ma che ha assunto ora una dimensione autonoma. Il ministro Mussi ha affermato più volte la necessità di promuovere la ricerca anche in vista dello sviluppo industriale. La SMT sta cercando di entrare nel campo dell’utilizzazione di nanoelementi della produzione di film fotovoltaici (che aumenterebbe di molte volte il rendimento elettrico degli impianti). Bisogna impegnare risorse in questo settore in collaborazione con le università, che già oggi forniscono alla SMT centinaia di laureati in elettronica ogni anno.

Queste ricerche e questo sviluppo possono aprire nuove relazioni con i paesi del Mediterraneo meridionale dove l’energia solare può produrre multipli, come ha detto Rubbia, di tutta l’energia oggi prodotta nel mondo. Sviluppare l’energia solare e le altre energie alternative in Italia e mettere questa esperienza al servizio di tutti i paesi dell’area del Mediterraneo nei prossimi decenni può essere anche l’elemento fondante di un nuovo sviluppo pacifico capace di superare tensioni, conflitti e assorbire, incentivando le grandi  industrie energivore, una parte notevole dei lavoratori senza speranza che oggi, nell’epoca del neoliberismo dominante,  affrontano a rischio della vita le acque del Canale di Sicilia in cerca di un avvenire migliore.

Nicola Cipolla