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Energia, Modello Formigoni

UN NUCLEARE DI CENTRODESTRA PER LA LOMBARDIA?

Il ritorno del dibattito sul nucleare e la guida energica di un plotoncino di irriducibili dell’atomo – Governo e Gotha economico italiano – sono seguiti a passo leggero dai fedeli di Bossi e Formigoni.

Ma come è possibile che, mentre l’Unione Europea indica la barra delle politiche energetiche nel risparmio e nella riduzione delle emissioni di CO2 attraverso investimenti nelle rinnovabili e Al Gore chiede che l’America produca entro 10 anni il 100% di elettricità da idrico, eolico e solare, in Italia e in Lombardia si voglia rimettere in piedi in sei mesi la filiera nucleare abbandonata? O abbiamo la classe dirigente più geniale del pianeta, oppure bisogna prendere sul serio gli interessi politici ed economici che vogliono la cancellazione di una decisione popolare assunta con referendum e valutare in questo senso il ruolo consenziente e attivo della nostra regione.

Il Governo costruirebbe sei centrali nucleari da 1500 MW ciascuna in 5 anni(!). Di esse, tre sarebbero insediate al Nord e i siti proposti per la Lombardia sarebbero quelli già occupati da centrali esistenti: Tavazzano (Enel-Endesa), Ostiglia (Enel-Endesa), Sermide (Edison­Edipower) e Caorso (A2A). Ci si avvarrebbe quindi della scorciatoia delle “servitù di centrale” già in atto, con il risarcimento monetario offerto alle popolazioni per i rischi in campo e la localizzazione degli impianti in presenza di dorsali ad alta tensione, di molta acqua e di consumatori anche notturni, come le utenze siderurgiche, per le quali Formigoni si è speso il 23 Giugno durante l’assemblea annuale di Federacciai, ammiccando al nucleare di Scajola. Non bisogna poi dimenticare che tipicamente lombardi sono gli interessi di Edison e A2A e che Enel vorrebbe sostituire le importazioni francesi con suoi impianti, per la cui elettricità si sta approntando una rete di trasporto con partecipazione di società collegate alla Regione e alla CdO. Ed è tutta lombarda e seguita con massima attenzione dalla “Padania” la promozione del “modello finlandese” della centrale di terza generazione pubblico-privata di Olkiluoto. Si è recata là una delegazione di Energy Lab, fondazione per lo “studio dell’energia elettronucleare” creata dalla Regione, da A2A, da Edison, dalle università Bocconi, Bicocca, Cattolica, Politecnico, Statale, riportando un giudizio entusiasta, nonostante la costruzione sia in grave ritardo, il budget più che raddoppiato e i rischi dell’impresa ricadano tutti sullo Stato (con il plauso di Marco Tronchetti Provera).

Ma Tavazzano è a soli 22 Km da Milano, a Ostiglia una centrale sul Po richiederebbe di trasferire il comune, Sermide è in analoghe condizioni e a Caorso l’idea che il piano di emergenza per incidente grave dovesse obbligatoriamente comprendere anche Piacenza e Cremona aveva già fatto sollevare le popolazioni locali. E allora occorre spacciarle per “eco centrali”, magari di una inesistente “quarta generazione”.

In Lombardia è prodotto 1/5 di tutte le emissioni di CO2 d’Italia, c’è la massima concentrazione di inquinamento da trasporti, gli obiettivi di Kyoto sono distanti 20 punti dal limite di riduzione fissato al 2012 con la prospettiva di una penalità attorno a 2,6 miliardi di euro (ben la metà dell’intero trasferimento “di solidarietà” al bilancio statale per cui la Lega si straccia le vesti!). Per raggiungere “l’obiettivo UE 20-20-20” di risparmio, riduzione di emissioni, impiego delle rinnovabili, le Regioni avranno un ruolo molto importante, ma la Lombardia non ha mai studiato né affrontato il problema e il suo Piano Energetico è inaffidabile, impreciso.

Quindi una strada alternativa e che non passi dal nucleare ci sarebbe. Invece, la Marcegaglia, oggi in Confindustria, ma mantovana erede e amministratrice di una industria meccanica energivora, ha affermato che non si può continuare con “posizioni autolesionistiche come accettare il protocollo di Kyoto, uscendo dalla competizione internazionale” e si è augurata che tutto si risolva con un aumento dell’offerta elettrica a basso CO2 (leggi con scorie radioattive anziché climalteranti) attraverso un patto tra fornitori di energia (A2A, Enel, Edison) e grandi consumatori (industrie). Così il nucleare, accompagnato al commercio di emissioni di CO2, serve per affrontare il problema senza cambiamenti radicali, trasferendo i costi allo Stato aborrito, monetizzando i gravissimi inconvenienti e senza contraddire gli interessi che sostengono la Giunta. Se poi le popolazioni si opponessero all’atomo, si passerebbe a centrali a turbogas (Bertonico, Brescia, Offlaga) o ad “eco-centrali” ad olio di palma (Castellanza), già in lista d’attesa perché contestate sul territorio.

Proprio l’altro ieri è stata respinta in Consiglio Regionale una mozione di Prc e Sd per impedire la localizzazione di centrali elettronucleari in Lombardia.

Ci sono le condizioni per una battaglia che deve diventare popolare e per affrontare dal basso una crisi che, se non cerca soluzioni innovative, potrebbe diventare di civiltà. Perché, checché ne pensino Bossi e Formigoni, l’età della pietra non è finita per scarsità di pietre.