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Carbone? NO GRAZIE!

Con i recenti referendum, oltre 26 milioni di italiani non hanno solo escluso il nucleare, ma hanno indicato nelle rinnovabili e nel risparmio, portatori di buona occupazione e di crescente autonomia energetica, le alternative ai cambiamenti climatici distruttivi per l’ambiente e minacciosi per lo stesso futuro della specie umana. Pertanto, sembrerebbe una provocazione che Governo, Enel e altri lancino invece un “piano carbone” che, oltre alla riconversione per 2 GW della centrale di Porto Tolle all’interno del parco del Delta del Po, riguarda l’ammodernamento di vecchie centrali come Vado Ligure, La Spezia, e Rossano Calabro,  o, addirittura, la costruzione  di nuovi impianti come Saline Ioniche, con un livello di investimenti, pubblici e privati, dell’ordine di 10 miliardi di euro.

In effetti, si tratta della sorda resistenza degli stessi interessi economici e politici che si erano coagulati per il ritorno all’atomo, che lucrano sulle grandi opere e ostacolano la crescita di un sistema decentrato, integrato nei sistemi naturali, riconvertito a modalità di produzione e di consumo che originano dall’autogoverno del territorio e dall’opposizione allo spreco.

Sabato 29 ottobre le 35 associazioni della coalizione Fermiamo il carbone organizzano una manifestazione nel Polesine ad Adria contro la riconversione della centrale di Porto Tolle, e presidi a Saline Joniche, La Spezia, Vado Ligure e Brindisi. Porto Tolle, con l’emissione di oltre 10 milioni di tonnellate l’anno di CO2 – l’equivalente di oltre 4 volte le emissioni annuali di una città come Milano – diventerebbe la seconda centrale termoelettrica in Italia in termini di inquinamento, dopo quella di Brindisi, sempre dell’Enel. E non a caso sono in corso prove mirabolanti di sequestro dell’anidride carbonica, con autobotti che viaggiano con CO2 liquefatta tra la Puglia e la pianura padana (Cortemaggiore), per ipotizzare un’attenuazione dell’effetto serra insostenibile sia per Porto Tolle che per Brindisi (in caverne sotterranee o nelle profondità marine?) con il sostegno dei finanziamenti che l’UE continua a destinare su pressione delle lobbies a progetti che sembrano interessare l’Italia e l’Est Europa, in alternativa alla diffusione delle fonti rinnovabili  e del risparmio energetico, che costituiscono il nerbo della strategia UE 2050.

Quindi, anche stavolta e contro i propri cittadini lontano dall’Europa e immersi nella geopolitica delle fonti fossili e dei mercati più spregiudicati…

Ma quali sono le giustificazioni al “piano carbone”? L’Italia emette  gia’ oltre 70.000.000 di tonnellate  di CO2 annue in piu’ di quante concordate sottoscrivendo il protocollo di Kyoto. Inoltre in Italia la potenza elettrica installata (centrali attive e collegate alla rete) è di 106 GWp. Il consumo massimo di picco del paese (che si registra in luglio) è di 56 GWh. In più sono stati già approvati quasi 20GWp di nuove centrali a turbo-gas e ogni anno si collegano almeno 8GW di eolico e fotovoltaico. Abbiamo troppe centrali ed insieme una rete elettrica colabrodo, che nel 2008 ha perso oltre 20.000 GW.

Quindi, le previsioni stesse escludono una richiesta di potenze aggiuntive e consigliano investimenti sulle reti, anziché sulle centrali. Ma il carbone alla borsa elettrica, fino a quando il sequestro di CO2 non sarà attivo (se mai lo sarà, visto che  il carbone pulito lo porta solo la Befana e qui siamo come alla favola dei reattori nucleari “sicuri  di IV generazione”) produce profitti molto più elevati ed è per questo che le centrali a carbone oggi attive in Italia viaggiano “a tutta manetta” a dispetto dei danni ambientali e dell’esuberanza di potenza disponibile.

Dal punto di vista ambientale non c’è bisogno di spiegare che la movimentazione e la combustione del carbone sono assolutamente incompatibili con il sistema del Delta del Po. Dal punto di vista occupazionale si tratta di 200 posti di lavoro, che sarebbero ampiamente ripagati dallo sviluppo in loco di biogas, biomasse, solare termico, efficienza degli edifici, accessi facilitati e consortili al fotovoltaico. Una buona ragione per fare delle manifestazioni del 29 Ottobre il punto di partenza per un bilancio energetico locale-globale e per i suoi effetti climatici all’altezza delle sfide che si devono raccogliere anche sul proprio territorio.