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Attività politiche, Generale

Assemblea pubblica a Bologna in ricordo di Salvatore d’Albergo

Per ricordare l’umana pienezza e il ruolo politico-culturale di

Salvatore d’Albergo

nella storia sociale, politica e culturale del nostro Paese, si terrà un’assemblea pubblica,

Sabato 6 dicembre, dalle 10.30 alle 17.30

Sala del Palazzo del Rettorato. Università di Bologna, Palazzo Poggi, Via Zamboni 33

per un confronto con intellettuali, giuristi, economisti costituzionalisti, dirigenti del movimento sindacale, personalità del mondo scientifico.

Tre temi di attualità rivalorizzeranno il suo contributo militante ai conflitti in corso:

·     ambiente e territorio sociale

·     difesa dei valori economici-sociali della costituzione e estensione dell’art 18

·     controllo sociale dei piani d’impresa e programmazione democratica dell’economia

 

Per la difesa integrale e l’autentico significato dell’art. 18

L’impresa, il lavoro e il cuneo dell’art. 18

Al di la delle incertezze e dei funambolismi delle centrali sindacali esitanti a far valere la linea politica culturale della massa dei lavoratori, esistono gruppi combattivi che non si limitano ad una difesa di facciata e corporativa dell’art. 18, ma sono consapevoli del salto di qualità verificatosi nel passaggio degli anni 60-70 mediante il rafforzamento garantista della posizione dei lavoratori in fabbrica tramite  il ruolo assegnato alla magistratura come potere statale , autonomo e interdipendente.

Gli scriventi insistono particolarmente sul ruolo decisivo che il permanere dell’art. 18 assumerebbe, al di là delle effettive occasioni per le quali l’intervento è stato determinante, per fronteggiare con strumenti vincolanti il dispotismo del padronato d’impresa ansioso di decidere in proprio e in via esclusiva sulla vita dei lavoratori e sulla disponibilità e qualità della loro prestazione.

E questo nonostante l’art. 1 e l’art. 4 della Costituzione, la cui revisione attualmente in corso punta ad attaccare tutti i valori economico-sociali della Carta e le Leggi che la attuano e che qualificano la Repubblica in nome del lavoro, donde il nesso col tentativo di ripristinare anche formalmente il dispotismo in fabbrica

Di fronte a tutto ciò appare oltremodo inaccettabile ed oltraggioso verso la Costituzione l’atteggiamento del Presidente del Consiglio che non ha esitato a attaccare pubblicamente (in una trasmissione serale TV) la magistratura, specificatamente irridendo proprio il potere democratico di reintegro assegnato al magistrato. Potere trasferito al giudice dal Parlamento per conto dello stato – e non certo sfuggito all’estremismo ideologico del conservatorismo renziano  ispirato a quello berlusconiano – sicchè la svolta politica e culturale, dopo le lotte di fine anni ’60, è stata rappresentata in Italia dall’obbligo di reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa, altrimenti abbandonati alla mercé del padronato e della dirigenza burocratica dell’impresa

A prescindere dalla posizione della destra sociale sull’art.18, di fronte all’arroganza e all’antidemocratico attacco alla magistratura  – coadiuvato anche dagli illegittimi interventi  del capo dello stato – è indispensabile insistere sull’autentico significato di valore costituzionale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, stimolando anche le associazioni dei magistrati a non tacere sul ruolo  spesso inespresso della magistratura, garante della continuità del diritto di lavorare. Diritto inteso come responsabilità sociale fatta valere dal “terzo potere” dello stato, contro il sistema delle imprese e il dispotismo padronale in fabbrica, negli uffici, nei servizi. Dispotismo che revisionando la Costituzione e i suoi valori sociali, si vuole ripristinare, proprio abolendo la centralità della magistratura e negando di conseguenza il potere e non solo il diritto di chi lavora.

Il significato dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è nella natura ed origine della norma: le lotte operaie “liberando” la Costituzione da 20 anni di “blocco” imposto dai conservatori, hanno permesso la sua attuazione in tutti i campi (lavoro, sanità, ruolo delle Regioni, ecc.).

La norma, quindi, è espressione “di potere” e “di lotta”. Enfatizzarla soltanto come manifestazione di “civiltà o “diritti”, impedisce ai lavoratori  di prendere coscienza genuinamente di classe, che l’articolo 18 – non a caso datato al 1970 –  è stato introdotto per esprimere la convergenza dei principi sociali, su cui si fonda l’autonomia sindacale, col ruolo politico democratico del legislatore. Volto a coniugare i principi sociali e politici che caratterizzano la Costituzione italiana con i suoi Principi Fondamentali.

Sicché, è proprio come conseguenza della sua revisione che si tenta di rilegittimare anche formalmente l’arbitrarietà dell’impresa, esorcizzata dai principi costituzionali. Infatti, in questa fase dominata dall’equivoco concetto di “globalizzazione” dell’economia, si vuol far perdere di vista alla classe operaia che l’impresa rimane comunque e innanzitutto un istituto di potere a livello nazionale. Come dimostra (anche) la preoccupazione della stessa Confindustria e dei suoi alleati di abolire l’articolo 18.

In realtà in base a questa norma, il potere ordinatorio della magistratura di rimuovere i licenziamenti illegittimi diventa lo strumento di prolungamento del potere sindacale al livello politico, mediante la connessione tra due poteri statali, come il potere legislativo (Legge 300 del 70, S. d. Lavoratori) e il potere giurisdizionale di ordinare all’impresa il reintegro del lavoratore e di condannarla al risarcimento del danno illegittimamente da lui subito.

Come si vede, l’articolo 18 interferisce, in una prospettiva democratica oggi arrestatasi, sia con il diritto dell’impresa sia con il diritto del lavoro e sia con il diritto sindacale: cosa che sfugge se ci si limita ad una difesa dei “diritti” dei lavoratori che è resa vana nel (e dal ) misconoscere che l’articolo 18 coinvolge i poteri dello stato, del sindacato e dell’impresa, per riequilibrare il mercato  – a favore dei lavoratori come corpo sociale e nei diritti che ne derivano – mediante il   riconoscimento istituzionale della forza di pressione  congiunta dei poteri democratici dello Stato e del sindacato.

Occorre quindi che non solo i partiti ma anche il sindacato – e qui il pensiero va a quella parte di sindacato che mostra una maggiore criticità e volontà di lotta – ponga la massima attenzione al “rovesciamento” in corso della forma di governo parlamentare e ad una legge elettorale a favore del proporzionale integrale, se si vuole che la rappresentanza sindacale possa ancora e come all’epoca dell’emanazione dello Statuto dei lavoratori, svolgere il ruolo assegnatogli dall’articolo 39 della Costituzione.

Salvatore d’Albergo (presidente del Movimento Nazionale Antifascista per la Difesa e il Rilancio della Costituzione e del Centro cultuale “Il Lavoratore”)

E in ordine alfabetico

Agostinelli Mario (ex segretario generale CGILlombardia,Presidente Ass. Energia felice)

Agostini Gigi (già segretario nazionale CGIL e segr. CGIL Veneto)

Algostino Alessandra (Università di Torino)

Angelini Francesca (Università di Roma)

Astengo Franco (politologo)

Baiocchi Paola (giornalista)

Bardelli Beatrice (giornalista; Comitato per la democrazia costituzionale di Pisa)

Barrucci Paolo (Università di Firenze)

Besostri C. Felice (Avvocato)

Bianchetti Filippo (Comitato per la pace Varese)

Bigli Enrico (ex segretario Fiom Torino)

Bucci Gaetano (Università di Bari)

Caggiati Giovanni (Comitato antifascista per la memoria storica – Parma)

Calamida Franco (Presidente costituzionebenecomune)

Capecchi Vittorio (Direttore di “Inchiesta”)

Carrosio Giovanni (Università di Trieste).

Catone Andrea (Direttore di “Marx XXI”)

Chiellini Giovanni (già dirigente amministrativo e Giudice)

Chirico Domenico (Università di Bologna)

Ciampi Angelo (Università di Winterthur)                                                                                       

Cipolla Nicola (CESPEC)

Confortini Mario (Coordinatore Tsipras Cremona)

Cremaschi Giorgio (Rete 28 aprile)

D’Angelo Tommaso

De Fiores Claudio (Università di Roma)

De Simone Rosanna (Forum per la pace)

Flamigni Sergio (ex senatore PCI e scrittore)

Fugazza Marisa (Direttivo nazionale Emergency)

Gavagna Carla (Medicina Democratica)

Giannangeli Ugo (Avvocato, FIM Milano)

Gioiello Vittorio (direttore del CESPI)

Gjergji Iside (Università di Coimbra)

Kammerer Peter (Università di Urbino)

Lucchesi Paolo (già segretario nazionale CGIL e segretario Lombardia)

Marchetto Gianni (già segretario FIOM – V lega Mirafiori)

Marsocci Paola (Università di Roma)

Martignoni Gian Marco (CdL CGIL Varese)

Menapace Lidia (partigiana ed ex senatrice)

Molinari Emilio (Presidente Contratto Mondiale Acqua)

Montella Andrea (Sezione Antonio Gramsci-Enrico Berlinguer)

Mordenti Raul (Università Tor Vergata)

Moroni Loris

Navarra Alfonso (Segr. Lega Obiettori Coscienza)

Pagani Elio (obiettore Aermacchi, con tutela articolo 18)

Papetti Francesco (RSU A2A Milano)

Piccin Gregorio (Ricercatore per la pace)

Piro Antonio (RSU-Cobas Provincia di Pisa)

Ravasio Bruno (già segretario CGIL Lombardia)

Rinaldini Tiziano (ex responasbile Fiat Mirafiori-Fiom)

Roggeri Arianna Petra Alice (laureata disoccupata)

Ruggeri Angelo (ex-operaio, Centro Il Lavoratore e Mov. Naz. Antifascista Difesa e Rilancio Costituzione)

Salvi Marinella (“Scuola e società”)

Sani Antonia (Ass. Naz. “Per la Scuola della Repubblica”)

Schettino Francesco (Università di Napoli; Redazione de “La contraddizione”) 

Simonetti Raffaele (pubblicista)

Tamburini Marco (obiettore Aermacchi, con tutela art. 18)

Tomba Massimiliano (Università di Padova)

Turelli Antonio (studioso del fenomeno migratorio)

Vecoli Alessandra (Terapista)

Zanotelli Alex (missionario comboniano)