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Articoli, Modello Formigoni

Basta una cena per sistemare Malpensa?

(articolo su Il Manifesto)

L’epilogo di Malpensa non è un incidente imprevisto: è, dopo la desertificazione dell’area industriale dell’ex Alfa di Arese, l’insuccesso più pesante di Formigoni. Curioso come la denuncia della crisi del modello lombardo da parte di Rifondazione sia stata a lungo derisa ed oggi si inveri a partire dai luoghi di sua massima visibilità internazionale. Con Lega, Forza Italia e una parte del Pd del Nord, incapaci di rendersi conto che la perorazione di una crescita continua non è più la soluzione per un futuro dalle grandi sfide. C’è smarrimento nel mondo politico locale e incomincia a perdere colpi l’abituale conclusione di affidarsi alle virtù mediatiche di Berlusconi, che non parla di verità industriali ma gioca alle tre carte con il rilancio di nuova Alitalia e un contemporaneo potenziamento di Malpensa, Fiumicino e Linate insieme. Quel che rimane di autorità cittadine, leghisti duri e puri, istituzioni nazionali, amicizie e business – tutti dell’entourage di centrodestra – si reca a cena nelle residenze private del premier e ne esce soddisfatto (Bossi) o si lamenta per il mancato invito (Formigoni), ma non illude più come prima i cittadini.

Sono quelli che lavorano davvero negli aeroporti e nella compagnia che sarà venduta ai Francesi a richiamare alla realtà. A partire dallo sciopero oggi in corso nello scalo varesino con la denuncia delle condizioni disastrose con cui si conclude la tragicommedia su cui la stampa continua a mistificare.

Vediamo i numeri odierni rispetto a quella che il Berlusca definì “la svendita”: ai tempi di Prodi, Air France aveva messo 1,85 miliardi di euro per risanare e investire, dando in cambio titoli Air France allo Stato. La cordata dei 20 “patrioti” di CAI ha pagato 327 milioni. Se si considerano i debiti di Alitalia, allo stato il costo dell’italianità della compagnia è di 3,3 miliardi a carico dei contribuenti.

Per l’occupazione, dalla proposta Prodi a quella Berlusconi, gli esuberi passano da 2120 a oltre 4000.

I voli intercontinentali dall’Italia passano da 20 a 16, 13 da Fiumicino e solo tre da Malpensa; per i servizi di Sea negli aeroporti milanesi la situazione diventa tragica, soprattutto per i probabili licenziamenti.

Di Lufthansa si è parlato fino a ieri come dell’asso nella manica “filonordista”. Alla stretta, semplicemente non c’è, ma rimane ovviamente interessato – alle sue di condizioni! – al mercato di Malpensa.

Insomma, un disastro annunciato, voluto per interessi di pochi e consentito per incapacità di molti, con il raggiro dei cittadini. Un raggiro da piegare rapidamente, ora che il re è nudo, in indignazione e, politicamente, nella critica e nel superamento di un modello che ha affascinato a tal punto il Pd da obnubilarne la funzione di opposizione.

Occorre insistere nel parlare con cittadini e lavoratori, lasciati ora colpevolmente soli proprio da chi esce sempre soddisfatto dagli incontri con Berlusconi salvo poi svendere gli interessi popolari di cui si fa a parole paladino a quelli affaristici del premier.

2 Commenti

  1. Pinuccia

    Non bisogna confinare questi chiarimenti sul Manifesto. Bisogna tapezzare i muri di MANIFESTi, se si vuole insidiare l’inspiegabile consenso degli italiani .

  2. daniele nepoti

    Scusa Agostinelli, al manifesto hanno competenze su Malpensa quante ne ho io di astrofisica, cioè zero.

    Anziché indignarsi e citare a vanvera dati e fatti di una materia che non si conosce, sarebbe più interesasnte che ‘sta gente approfondisse un po’ – ma basta proprio poco – per offrire ai propi lettori letture che non siano unicamente dettate da strumentalità a fini politici.

    Io posso anche essere d’accordo sull’attacco alla LEga e al PdL a proposito di Malpensa (meno al Pd del Nord, cosiddetto, onestamente). Ma gli attacchi vanno fondati, altrimenti spari a salve.

    Quanto al PRC è l’ultimo dei titolati a metter becco nella vicenda. Mi spiace dirlo.

    Ciao
    daniele