REPOSITORY

Generale

CASA: SENTENZA PREOCCUPANTE SUI 5 ANNI DI RESIDENZA

E’ una brutta sentenza, quella della Corte costituzionale che respinge il ricorso contro la norma regolamentare lombarda, sui cinque anni di residenza necessari per poter fare anche semplicemente domanda di una casa popolare.

Ed è una sentenza preoccupante, perché potrebbe aprire la strada a una differenziazione regionalistica nella disciplina dell’accesso alle case popolari, seppellendo così il principio che l’edilizia residenziale pubblica debba rispondere anzitutto alla funzione sociale di garantire il diritto alla casa alle persone e alle famiglie economicamente e socialmente più svantaggiate.

Il criterio discriminatorio della residenza agisce in Lombardia a diversi livelli. Anzitutto, vi sono i cinque anni per poter fare domanda, ma poi gli anni di residenza continuano a fare punteggio anche in graduatoria. In altre parole, anche dopo 10 anni le condizioni economiche dei soggetti contano di meno degli anni di residenza.

Ora Formigoni e la Lega esultano, ma per la Lombardia c’è poco da gioire. La nostra regione concentra oltre un quarto dell’immigrazione totale a livello nazionale e l’area metropolitana di Milano è segnata da una grande mobilità in ingresso e in uscita, anche di cittadini italiani. Insomma, quella norma discriminatoria non serve per affrontare le questioni sociali, ma soltanto per nascondere il fatto che in Lombardia non si costruiscono più case popolari, perché si preferisce fare l’affare con i privati.

Infatti, attualmente soltanto il 5% di coloro che riescono ad accedere alle graduatorie ottengono poi anche l’assegnazione di una casa popolare. E allora, è molto più comodo indicare nello straniero il “nemico” da battere, piuttosto che assumersi pubblicamente le proprio responsabilità di fronte ai cittadini.

Esprimiamo tutto il nostro sostegno alle organizzazioni dei lavoratori e degli inquilini, promotori del ricorso, che continueranno la loro battaglia, forse anche a livello dell’Ue. A questo proposito giova ricordare che il Commissario europeo Frattini, soltanto due giorni fa, aveva risposto a un’interrogazione di europarlamentari italiani, affermando che “qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità per la concessione dell’accesso a benefici sociali, come ad esempio ad alloggi sociali” è in contrasto con le direttive europee.

Ma, appunto, i governanti della regione italiana che si vorrebbe la più europea di tutte, dimostrano ogni giorno di più il loro provincialismo e la loro miopia.