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Intervista su Contratto Energia

L’energia è stata la grande assente dell’ultimo Social Forum mondiale (che si è tenuto a Nairobi, dal 20 al 25 gennaio scorso). Nessuna delle diverse sessioni era dedicata ufficialmente a questo tema. E se poi esso è emerso in modo trasversale, lo ha fatto per lo più in termini di geopolitica e di guerre per il petrolio. Ne abbiamo parlato con Mario Agostinelli, presente a Nairobi come portavoce del Contratto mondiale per l’energia.

Come è possibile che, dopo le notizie dei mesi scorsi sui cambiamenti climatici e l’effetto serra, all’energia non sia stata dedicata un’intera sessione del Social Forum?

L’agenda del Forum è stata costruita al di fuori di Nairobi, dai leader dei movimenti occidentali, ed è poi stata scadenzata dai leader dei movimenti africani. Ma l’Africa “reale” ha fatto irruzione nel Forum. Lo ha fatto fisicamente, con la protesta degli abitanti degli slum che hanno richiamato il tema della povertà. E lo ha fatto idealmente, con i tanti interventi sul cambiamento climatico o all’acqua, due temi legati all’energia. Ed è emersa una grande differenza tra l’Africa e l’occidente. L’Africa reclama il diritto alla vita, l’occidente insiste sul rischio di catastrofe, di apocalisse, sulla paure di chi, la vita, l’ha avuta e ora teme di perderla.

E come mai il tema dell’energia ne ha sofferto rispetto, per esempio, a quello dell’acqua?

Il diritto all’acqua è ormai una materia condivisa. Il diritto all’energia è una tematica molto più complessa, sulla quale manca ancora una narrazione. Di principi, di esperienze, di obiettivi. Ed è questo il compito che si propone il Contratto mondiale per l’energia (vedi box). Non vogliamo dare ricette preconfezionate. Ma scoprire le parole – vita, partecipazione, sostenibilità… – che porteranno le comunità a trovare le proprie soluzioni. Energia e acqua sono però interdipendentiI cambiamenti climatici, dovuti ai consumi energetici, hanno effetti sull’acqua (desertificazione, innalzamento degli oceani, scioglimento dei ghiacciai…). E c’è un legame tra produzione di energia e consumi di acqua. In Germania il 40 per cento di questi consumi è dovuto alle centrali (sia quelle nucleari sia quelle che usano fonti fossili), in Italia siamo al 41 per cento, negli Usa al 52 per cento.

Questa poca attenzione è dovuta a un modello di sviluppo che, anche per il sud del mondo, si basa sul ricorso alle fonti fossili?

Sicuramente. I leader dei movimenti sindacali africani sembrano aver dimenticato che l’energia ha a che vedere con la vita e non solo con la velocità e l’industria. Il modello è ancora basato sul ricorso alle energie fossili e alla creazione di apparati artificiali. Mentre dobbiamo ricominciare a occuparci della vita. Senza Sole e senza fotosintesi si muore. Senza energia, in Africa, non è nemmeno possibile estrarre l’acqua dai pozzi. E dove la vogliamo prendere questa energia? Direttamente dal Sole o dai giacimenti fossili?

Come rimettere in discussione questo modello?

Ritornando alla cultura africana. Non quella dei leader, imbevuti della nostra mentalità industrialista. Ma quella che vede il mondo come un unico organismo vivo, che respira, che ha i suoi cicli. L’Africa dei villaggi, dei movimenti dei contadini e delle donne, che non si rassegnano ad andare in città (dove ingrossano le file dei poveri degli slum). Anche perché i primi a subire gli effetti del cambiamento climatico sono proprio i poveri. E questo nuovo modello per l’Africa sarebbe utile anche a noi.

Un revival del “piccolo è bello”?

Direi piuttosto “diffuso è bello”. Perché la distribuzione è spesso uno spreco, che consuma il doppio dell’energia che porta. Penso invece a sistemi diffusi, in cui il territorio, democraticamente, sceglie il mix delle fonti – sole, vento, idroelettrico, anche fossili –  sulla base delle proprie esigenze: agricoltura, industria, consumi domestici. E una garanzia di democrazia sta in un governo territoriale. Che non è il proliferare di grandi centrali senza sapere nemmeno quale sia il fabbisogno nazionale, come rischiamo di fare in Italia. Ma l’esatto contrario: definizione dei bisogni e scelta dei mezzi con cui soddisfarli. La “vita nel” territorio deve prevalere sull’attraversamento “del” territorio.

E in che senso la costruzione di una narrazione – a cui alludeva prima – può aiutarci?

Si tratta di usare nuove categorie. Abbandonare quelle vecchie – quantità, crescita, espansione – a favore di risparmio, conservazione, efficienza. E in questo sono utili i contributi di tutte le discipline, dalla fisica quantistica alla filosofia. Altrimenti, avranno la meglio l’economia e la politica, cioè l’atomo sul Sole.

Eppure in Italia sono stati gli ambientalisti a opporsi, per esempio, alle centrali eoliche.

Più che altro sono stati i leader. I movimenti si sono formati contro gli inceneritori, ma non hanno mai avuto l’occasione di dire che cosa fare “al posto di”. Ed è proprio da qui che bisogna ripartire.

Che cos’è il Contratto mondiale per l’energia

Il Contratto mondiale per l’energia, di cui sono portavoce, è una proposta che si rivolge a tutti i soggetti sociali, politici e istituzionali interessati a un cambiamento del paradigma da fonti fossili a rinnovabili, in particolare il solare. L’obiettivo è arrivare a un governo democratico, territoriale e diffuso e ad affermare il diritto di tutta l’umanità a una quantità di energia adeguata alla vita.

Al momento si sta definendo una rete mondiale che comprende già Europa, Sudamerica, Africa, India. E’ invece ancora debole negli Usa, in Cina, nell’Asia delle “tigri” (Malesia, Indonesia… ), Russia e paesi arabi.

Il gruppo italiano ha varato un piano energetico alternativo (quello ufficiale non è stato aggiornato dagli anni ’80) e ha aperto un confronto con il governo. Sta inoltre coinvolgendo i movimenti locali per lavorare in modo propositivo e non più solo oppositivo. Senza naturalmente dimenticare le tematiche di più ampio respiro, legate alla pace e ai diritti umani.
Su questo sito, sotto la categoria “energia”, si può scaricare sia il testo del contratto sia un file didattico per le scuole di libero utilizzo.