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Decrescita e sviluppo

L’economia come scienza sociale e come ideologia

L’economia come scienza sociale e come ideologia.

Riflessioni sui limiti della teoria economica predominante

Roberto Burlando

Dipartimento di Economia, Università di Torino e School of Psychology, Università di Exeter

La teoria neoclassica  costituisce il substrato ideologico dei modelli di sviluppo e regolazione attuali.

1. Diversi aspetti da considerare:

Limiti posti dall’ecosistema su cui l’economia opera

Limiti del modello di sviluppo predominante

Limiti della teoria economica prevalente – neoclassica –

C. Limiti sui piani:

1. Normativo, dell’ideale, di ciò che dovrebbe essere o vorremmo fosse

2. Positivo, della descrizione e spiegazione della realtà e (ma solo successivamente) della previsione

Una precisazione preliminare.

Da considerare subito che vi sono innumerevoli versioni della teoria, ciascuno sufficientemente diverso dagli altri da “rispondere” ad alcune critiche.

Alcune versioni sono meno inadeguate di altre e andrebbero discusse in maggior dettaglio e con notevoli approfondimenti.

Uno dei problemi del confronto è però il continuo “spostamento” di molti teorici neoclassici da una versione all’altra ed un uso molto “disinvolto” di diverse specificazioni a diversi livelli di analisi.

A livello macroeconomico si utilizzano approssimazioni  inaccettabili a livello micro con la giustificazione che sono le uniche formulazione “operazionali”. Ma questo di per sé comporta distorsioni analitiche che divengono ideologizzazioni inaccettabili anche per un serio neoclassico (si vedano alcuni scritti recenti di J. Stiglitz).

Qui intendiamo concentrarci soprattutto su alcuni tratti essenziali della teoria neoclassica che costituiscono problemi generali, di “visione” dell’uomo, del funzionamento delle società umane, dei mercati, della stessa scienza.

Le critiche relative a questi aspetti colpisco la stragrande maggioranza delle versioni della teoria neoclassica ma ci sono seri tentativi (solo teorici) di “allargare” quella visione per incorporare le considerazioni che presenteremo.

Troppo spesso però questi tentativi vengono usati come facili e comode scusanti per giustificare non solo il resto della teoria ma anche le condizioni attuali e gli interessi precostituiti.

Va detto che molto spesso in questi tempi, e specie fuori dalle sedi accademiche, queste precisazioni non sono necessarie, perché la visione che viene presentata non solo dell’economia ma addirittura del mondo è così schematica e ideologicizzata che le linee della impostazione neoclassica vengono addirittura “ridotte” a qualcosa di diverso, e assai meno pregevole, rispetto alle teorizzazioni originarie.

1. L’ideale neoclassico è l’equilibrio economico generale competitivo (o walrasiano)

Se anche funzionasse benissimo, e così non è (si tratta di un modello assolutamente irrealistico), la sua ottimalità si ridurrebbe al garantire, attraverso una concorrenza feroce sui mercati, la disponibilità di beni di consumo al prezzo minore possibile, date le tecnologie disponibili. Nulla più e nulla meno.

Visione neo-walrasiana: concezione unidimensionale (o autistica) dell’uomo e della vita umana:

riduzione degli obiettivi della vita a consumismo e materialismo (uomo ad una dimensione o autistico), come se i bisogni e i fini fossero solo quelli materiali, anzi solo quelli che possono essere espressi sul mercato e soddisfatti con i beni prodotti sul mercato.

identificazione del progresso con la crescita continua della ricchezza materiale

concezione riduttiva di libertà, che è vista solo come libertà di scegliere tra ciò che il mercato offre..

concezione riduttiva della società, vista solo come somma di individui (M. Thatcher disse che la società non esiste..)

contrapposizione della natura all’uomo e riduzione della natura a fattore produttivo; in generale contrapposizione dei mezzi ai fini.

in generale concezione meccanicistica (fondata sul modello della meccanica classica) applicata agli individui ed alle loro interazioni, in gruppi e società. Individualismo metodologico e agente rappresentativo.

Una concezione “economicistica” (o pensiero unico) che:

– Misura tutto con i parametri della rendita produttiva e dell’utile, e sempre più di breve periodo

Non si produce quel che serve per una vita dignitosa, ma ciò che procura più denaro, che “valorizza” maggiormente il capitale

La logica del profitto non conosce regole etiche e se c’è un “mercato” si può tranquillamente investire in attività distruttive come, armi, droga etc. (E. Chiavacci)

– Ha ricevuto nuovo impulso dai processi di finanziarizzazione e deregolamentazione e dalla successiva globalizzazione ultra-liberista

– E’ fondata su una ideologia (con tutti i tratti fideistici di queste) secondo cui il mercato è una “costruzione naturale” che funziona benissimo da solo, e risolve ogni possibile problema.

Un modello ideale (normativo) auspicabile?

Questa visione dà, paradossalmente, alcune ragioni a Karl Marx, nelle sue “profezie” su

– il feticismo delle merci

– la modificazione del capitalismo da industriale a finanziario (da  M – D – M’   a   D – M – D’)

Consumismo e materialismo in psicologia economica

Limiti etici al funzionamento dei mercati

Inadeguatezza sul piano normativo

Torniamo alle due domande etiche fondamentali:

“Come bisogna vivere?”  o “Quali valori perseguire prioritariamente ? “ e

“Come possiamo valutare i risultati delle nostre azioni?” o “Quali interessi (di chi) dobbiamo perseguire? “

e vediamo il quadro che emerge confrontando le risposte alle “classiche” domande economiche date dalla teoria neoclassica e, ad esempio, dall’economia gandhiana..

Tavola sinottica di confronto tra economia neoclassica e gandhiana

Dunque l’economia neoclassica è caratterizzata da una concezione riduttiva degli esseri umani (e di tutto il resto) che rende limitatissima e inadeguata la sua visione generale e i suoi obiettivi.

Chiaramente questi limiti si riscontrano anche nell’ambito dell’analisi positiva svolta lungo le linee di questa teoria, poiché esse utilizzano la stessa visione e strumenti analitici che da essa derivano.

Ma se questi limiti sono così evidenti…..

L’economia è sempre stata concepita in questo modo ?

Da dove arriva una concezione così limitata e distorta?

Amartya Sen ricorda come l’economia abbia 2 radici:

Una filosofica e morale (almeno da Aristotele che nell’Etica Nicomachea distingue la oikos-nomia dalla crematistica)

Una “ingegneristica” (ben più recente, da Cournot etc.. e poi Walras)

Perchè il filone ingegneristico ha prevalso e si è trasformato nella concezione che oggi conosciamo?

Adam Smith, la predestinazione e la mano invisibile

Marshall e Keynes

Finanza, Globalizzazione e Sviluppo

2. La teoria neoclassica descrive (almeno passabilmente) i comportamenti umani nelle questioni economiche?

Riduttivismo sul piano positivo

– antropologia riduttiva: incentrata su nozione di agente rappresentativo, egoista “strumentalmente” razionale, invece di riconoscere:

– l’eterogeneità degli agenti, di cui solo alcuni sono davvero egoisti,

– razionalità limitata e ben poco strumentale).

– ruolo delle emozioni in decisioni economiche, evidenziato anche da “neuroeconomia”.

– sociologia riduttiva: società ridotta a somma di individui, senza alcuna attenzione a loro modalità di interazione, ridotte a scambi sui mercati.

– individualismo metodologico anziché analisi sistemica.

– idealizzazione del mercato

A. Riduzionismo antropologico.

Sul piano positivo la teoria neoclassica considera gli individui come:

essenzialmente egoisti e indifferenti a considerazioni etiche e di reciprocità o socialità (salvo che per interesse personale)

perfettamente e strumentalmente razionali

sostanzialmente identici nelle logiche di scelta e nei processi decisionali (teoria dell’agente rappresentativo)

B. Tratta i sistemi economici come se:

Fossero avulsi dai contesti fisico e   biologico e da quello sociale e storico

le loro diverse componenti fossero del tutto separate e il loro funzionamento fosse riconducibile alla somma di quelli di ciascun elemento (solo interdipendenza dei mercati)

l’ipotesi di concorrenza perfetta fosse quantomeno una buona approssimazione del funzionamento dei mercati reali

I mercati sono costruzioni sociali, non naturali.

Anche nella tradizione neo-classica c’è la teoria delle “forme di mercato” (concorrenza perfetta e monopolistica, oligopolio, monopolio)

Diverse forme contrattuali tutelano diversamente le parti e diversità degli equilibri

K. Polany, l’antropologia economica e le forme di mercato nelle varie società

In sociologia analisi dell’architettura dei mercati

Le analisi sperimentali e le indagini per la scelta delle forme istituzionali

Raramente i mercati deregolamentati costituiscono una modalità adeguata di garantire una alta efficienza produttiva complessiva ed una efficiente distribuzione delle risorse …

Limiti sul piano positivo:

Teorizzazione neo-walrasiana come ipostatizzazione di una realtà immaginaria, falsa

(meccanicismo deterministico tragico)

Modelli logico-matematici avulsi da realtà (equilibrio generale, mercati perfetti)

Un approccio deduttivo, basato su ipotesi (e.g. di razionalità strumentale) ormai smentite dalle analisi sui comportamenti  effettivi delle persone (psicologia economica e cognitiva, economia sperimentale)

–           Enfasi solo sulla capacità previsiva (M. Friedman)

Sul piano positivo occorre invece

Partire dalla osservazione della realtà con un approccio induttivo

Puntare alla capacità descrittiva e di “spiegare” i comportamenti e i fenomeni, prima ancora di prevedere

Considerare la molteplicità delle motivazioni e ragioni umane nelle scelte, anche in materia economica

Evitare i tentativi di “colonizzare” le altre discipline (modello della scelta razionale) e invece apprendere da esse ciò che hanno da insegnare

In particolare riconoscere la diversità degli esseri umani e delle culture, anche in ambito economico (opposto del “pensiero unico”)