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La chiamano pomposamente “legge regionale anti-smog”

La chiamano pomposamente “legge regionale anti-smog”

Fermi tutti, è solo fumo

Mario Agostinelli

L’emergenza sul clima, e dunque sull’insostenibile escalation delle emissioni, sta gradualmente passando nel senso comune.

Il recente vertice sul clima a Parigi, con la pubblicazione dell’allarmante quarto rapporto del Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici (Ipcc), e il drammatico rapporto dell’economista inglese Nicholas Stern, con l’autorevolezza dei dati di fatto e dell’osservazione scientifica, chiamano a un ulteriore passaggio di consapevolezza: i costi della “crescita” sono ormai ampiamente superiori ai benefici.

In tale contesto, mentre la qualità del modello di sviluppo globalizzato è messa in questione anche da studiosi che tutto possono essere fuorché pericolosi altermondialisti, la Regione Lombardia ha sfoderato il più arrogante senso della propaganda per dotarsi della legge n. 34/2006 (pomposamente definita “anti-smog”), tutta imperniata sull’idea – declinata in vario modo – del fermo macchine. Eppure le potenzialità per scrivere una normativa capace di intervenire alla radice delle problematiche legate ai fattori inquinanti c’erano tutte. Il Gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea ci aveva creduto, apportando proposte che in parte sono state anche recepite nell’articolato e hanno sostanzialmente modificato l’impianto iniziale. Si è così prefigurata l’occasione di intervenire sui fattori strutturali dell’inquinamento anziché soltanto sui palliativi a valle delle emissioni. La nostra astensione sulla legge oleva creare le condizioni per un dibattito e soluzioni vere. Ma alla fine abbiamo dovuto constatare che la Giunta dà il via soltanto a misure inconsistenti, col solito contorno di proclamazioni sonore ma di nessun effetto.

La Lombardia supera di ben il 13% i parametri fissati dal protocollo di Kyoto, ma la maggioranza si è rifiutata di prevedere le misure per il rientro. Per evitare pesanti sanzioni, si pensa di imboccare la scappatoia offerta dallo stesso protocollo, acquistando quote di emissione da altri paesi (se ve ne sono) che riducono le proprie più del previsto. In ogni caso a pagare il conto, non solo quello finanziario, saranno i cittadini. La finanziaria 2007 ha fissato alcune disposizioni a favore del risparmio energetico e degli incentivi alle fonti di energia rinnovabile. La nostra regione, per tante ragioni strutturali a tutti note, poteva e doveva inserirsi nello stesso ordine di idee. Ma di questo è pressoché impossibile discutere in Lombardia, figuriamoci se poteva occuparsene, almeno parzialmente, una legge regionale!

Le poche norme contenute nella legge 34, che sulla carta avrebbero potuto avere un segno positivo, sono inoltre rimaste – come prevedibile – lettera morta: non è stato approntato il piano di intervento annuale regionale per la riduzione del particolato, e più in generale delle emissioni nocive, e la “cabina di regia” composta dalle province e dai comuni con oltre 40.000 abitanti, strumento di una possibile partecipazione, è ben lontana dall’essere costituita.

Nella regione che produce 100 milioni di tonnellate di Co2 (principale responsabile dell’effetto serra e dell’aumento della temperatura), a fronte dei 500 milioni annui prodotti dall’Italia intera, Formigoni non fa altro che chiedere qualche fioretto agli automobilisti, ma regala l’indulgenza plenaria alle lobbies di cui si circonda. Così, da una parte si stabilisce il fermo macchina per qualche domenica l’anno (la cui credibilità e efficacia – tutti lo vedono – è minima, date anche la moltiplicazione delle eccezioni e la scarsità dei controlli), o la sostituzione delle ultime auto euro zero con altri veicoli “meno inquinanti” grazie all’iniezione di ecoincentivi. Ma queste stesse risibili misure sono contraddette senza pudore, dall’altra parte, dalla furia con cui si continua a perseguire la costruzione di nuove autostrade praticamente in ogni spazio non ancora cementificato,.

La mancanza di cultura e di azione politica ambientale da parte di questa Giunta deve essere definita oggi più che desolante: essa è gravemente colpevole. Al vuoto di interventi e di programmazione indispensabili per la tutela sull’ambiente corrisponde infatti la scelta di liberalizzare tutto il liberalizzabile, di abbandonare ogni idea di politica dei trasporti, secondo la logica economicistica e di mercato che è all’origine della crisi ambientale in cui ci troviamo a vivere.