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Palazzo Madama o Pirellone? Ma Formigoni nasconde solo il suo declino

Palazzo Madama o Pirellone? Ma Formigoni nasconde solo il suo declino

Mario Agostinelli capogruppo Reg.le RC

Come previsto, Formigoni è definitivamente tornato. Ma aver agitato così a lungo il tormentone della sua permanenza a Roma non gli è stato inutile, almeno nello sviare cittadini e media da sue nuove, pesanti incursioni a danno del patrimonio pubblico della Lombardia, accompagnate da spunti di preoccupante inciviltà introdotti da decisioni della sua Giunta.

Basta del resto far parlare i fatti, con le ultime azioni messe a segno a mezzadria tra il Pirellone e la residenza provvisoria, e ormai abbandonata, del Senato romano.

1. Da anni Formigoni sta tentando di mettere sul mercato l’intera sanità lombarda, a dispetto di una discussione molto critica in Consiglio e di un malcontento diffuso, che lui sa esorcizzare ponendo a confronto il nostro sistema sanitario con quello delle regioni del Sud, ma mai con quello delle regioni europee più avanzate. E lo scorso 27 aprile l’ennesimo blitz: saltando la commissione sanità e lo stesso Consiglio regionale, trasforma con i soldi dello Stato (centinaia di miliardi di vecchie lire in periodo di vacche magre) il Besta, il San Matteo e l’Istituto dei tumori, tre gioielli della sanità lombarda, in Fondazioni private e affida poltrone, con la frettolosa accondiscendenza dell’amico Cavaliere, ai suoi fedelissimi. Naturalmente le opposizioni, i sindacati e tutto il personale si sollevano, il nuovo ministro Livia Turco blocca l’operazione, ma Formigoni la butta, al solito, nella persecutoria invadenza di Roma nei confronti della nostra regione.

2. Tre settimane fa il Governatore annuncia la costituzione a Milano dell’Agenzia Nazionale per l’Innovazione: 300 posti per ricercatori e altre mirabolanti prospettive per una Lombardia sempre più debole nella competizione internazionale. Ma, come l’Araba Fenice, cosa sia e dove sia l’Agenzia, nessuno lo sa. Ma tant’è. Lo supportano, comunque, i soliti luminari consenzienti che si incontrano con il Presidente nelle cene sulla competitività e sull’eccellenza della Lombardia, con un occhio agli ospedali e alle aree dismesse.

Intanto, si scopre che un piano dell’Enea sull’auto a idrogeno e sulle filiere di energia rinnovabile per la reindustrializzazione di Arese, consegnato due anni fa, non è mai uscito dai cassetti del Pirellone. E Rubbia, ispiratore del progetto, si dedicherà adesso all’area Falck di Sesto San Giovanni, dove un concreto sindaco di centrosinistra sta approntando una occasione credibile di investimento, puntando ai fatti, prima che alla propaganda.

L’Agenzia sarà, ancora una volta, una scatola vuota, mentre i finanziamenti europei e nazionali delle filiere avanzate dell’idrogeno e delle energie rinnovabili stanno prendendo ormai la via del Piemonte e della Puglia.

3. Non c’è occasione in cui il nostro Presidente non parli di bellezza come “cifra” della Lombardia. E, intanto, ai lati delle strade – scopritelo voi stessi – spuntano ovunque orribili sostegni a “V” di enormi cartelli pubblicitari, in concessione dalla Regione con tanto di logo, che ispirano un’idea commerciale e privatistica dell’istituzione. E’ la Giunta in prima persona che si occupa dell’affare: 30000 impianti tutti uguali, un autentico standard da paese dell’Est anni 50, che non devono nemmeno sottostare all’autorizzazione dei Comuni in cui vengono insediati. Dopo l’immagine del telefonino Motorola proiettato sulla sede centrale del Pirellone, queste “succursali” piovute sulle strade provinciali rappresentano bene la metafora del nostro Governatore, in definitiva più centralista e clientelare che schiettamente liberista.

4. Nel contestatissimo provvedimento sull’urbanistica, ormai da quindici giorni bloccato dall’ostruzionismo dell’Unione, è stata votata dalla sua maggioranza una norma ad personam che tutti hanno capito favorirà Paolo Berlusconi a Monza e qualche destinatario ignoto nientemeno che a Campione d’Italia. Tutto questo accanto ad una norma antiislam e anti centri sociali che impone l’autorizzazione del Sindaco se il cambio d’uso di destinazione di un immobile è finalizzato a luoghi di culto o a ritrovo di centri sociali.

Ma allora, è questo il “nuovo” su cui Formigoni vuole puntare e per cui si è tormentato nel prendere una decisione tra la Regione e il Parlamento?

Invece di dar credito ai suoi referendum autogestiti, si dovrebbe pretendere il massimo rigore sull’amministrazione del bene comune e si dovrebbe riflettere sul fatto che il consenso nei suoi confronti proviene, purtroppo, da un patto che favorisce la tolleranza degli istinti più retrivi in cambio della gestione di enormi flussi di danaro pubblico verso i privati. Un patto che in Lombardia finora non suscita scandalo, ma anzi porta un sacco di voti.