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Il bene comune energia spiegato a tutti

di Marinella Correggia, Il Manifesto, 13/03/2007
In Gran Bretagna dal prossimo anno scolastico i cambiamenti climatici saranno materia di insegnamento. Entrerà in classe dunque il fuoco, uno dei quattro elementi fondamentali impiegati da Empedocle per descrivere il mondo e ora utilizzato dall’essere umano nelle sue forme fossili così copiosamente e malamente da degradare aria, acqua, terra e da aver innescato un caos climatico da incubo. La tematica dell’energia come bene comune globale è divulgata in modo completo, facile e colorato nel manuale Energia, rinnovabilità, democrazia preparato da Mario Agostinelli, uno dei coordinatori del Contratto mondiale per l’energia.
Scaricabile dal sito all’URL http://www.marioagostinelli.it/?p=100, è davvero adatto – oltre che agli adulti – alle scuole, in questi tempi di caos climatico: i molti dati e informazioni delle sue 180 pagine sono resi facili e piacevoli con il ricorso a cartine del mondo, disegni, schemi.
Il testo spiega il gioco cruciale dell’energia fossile. Presente in ogni merce, servizio e perfino comportamento; centrale nelle guerre; causa del caos climatico e dell’inquinamento di aria, suoli e acqua. Il testo esordisce con l’analisi di uno spreco disuguale. Visualizzando il pianeta di notte – l’Africa quasi interamente buia, l’Occidente pieno di luci – e l’intrico della rete europea di infrastrutture energetiche e metanodotti (fra questi gli oltre 30.000 km di metanodotti italiani). Poi usa le cartine della Summer School on Solar elecrticity and on rural electrification preparate dall’Unesco per mostrare quanto siano democratiche e «terzomondiste» le alternative pulite ai combustibili fossili: ci sono paesi che hanno molto sole, altro che hanno molto vento, altri ricchi di biomasse; e gran parte dell’Africa ha tutti e tre.
Invece, quelle fonti rinnovabili e per forza decentrate, sono ancora al fanalino di coda: poco più dell’1 per cento dei consumi di energia primaria (120.000 terawattora all’anno), mentre il nucleare – la cui inutile follia è ben spiegata nel testo – è al 7 per cento, il petrolio al 35, il carbone a 23, il gas al 21, biomasse e rifiuti all’11, l’idroelettrico al 2. Ma le fonti fossili si esauriranno tutte entro il 2100 se il ritmo di crescita della domanda sarà pari anche solo al 2 per cento all’anno. Che succederà allora? Nel dilemma «crisi o cambiamento», fra i quattro scenari possibili ci converrà scegliere il quarto: «cambiare le aspirazioni culturali, scegliere di fare qualcosa di diverso ed essere felici», con un’impronta ecologica equa e inferiore. Se nel sistema energetico fossile che tuttora impera l’Africa ha consumi di energia pro capite di 0,4 tep (tonnellate di equivalente petrolio) all’anno per persona, l’Europa è a 4 e gli Usa a 8, il fabbisogno pro capite minimo di energia per soddisfare i bisogni di base è invece stimato dal Contratto energia in 1-1,5 tep all’anno. E questo, come i 50 litri di acqua pro capite al giorno, per ogni cittadino del mondo dovrebbe diventare un diritto, da soddisfare soprattutto con fonti pulite e rinnovabili: solare, eolico, geotermia, piccolo idroelettrico.
Come arrivarci, partendo da un oggi in cui il cambiamento climatico – i cui elementi, effetti e pericoli sono ben visualizzati nel manuale – si è finalmente imposto all’attenzione ma non ancora ai comportamenti individuali e collettivi? La «democrazia energetica ecologica» si costruisce con un nuovo paradigma: migliorando l’efficienza, riducendo i consumi, passando alle rinnovabili, distribuendo equamente le risorse, rallentando la crescita economica, insomma con una riconversione globale, nel testo spoegata nei dettagli, non solo della politica energetica ma della produzione, della distribuzione, dei consumi. La sola via alternativa alla guerra. E a proposito: la quantità di CO2 emessa per condurre i primi due anni di guerra in Iraq è stata superiore a quella di cui si è resa «responsabile» in due anni l’intera Africa…