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Dossier sulla discarica di Gaggiolo e sulla cava di Viggiù

La discarica di Stabio è a pochi chilometri dall’abitato di Induno e a ridosso della linea di frontiera in località Gaggiolo.

La Procura di Varese confisca un’ex cava di Viggiù e sequestra un autocarro con targhe elvetiche per ipotesi di reato di smaltimento di rifiuti tossici.

Il sospetto che ci sia un collegamento transnazionale tra la discarica e la cava è molto forte

Il sopralluogo a Gaggiolo del 27 Marzo dei consiglieri Agostinelli e Uslenghi su incarico della Commissione Ambiente del Consiglio Regionale per verificare le lamentele degli abitanti locali nei confronti dell’enorme (oltre 400mila metri cubi) deposito di rifiuti inerti che dal territorio svizzero sovrasta le loro abitazioni, ha rivelato una situazione inquietante che richiede, oltre ai necessari approfondimenti, un immediato intervento.

Una storia incredibile, che conta sulla presenza di un confine burocratico tra due Stati confinanti per occultare danni ambientali e alla salute.

La presente relazione alla Commissione Ambiente del Consiglio, cui seguirà una interrogazione alla Giunta prevede indagini e una responsabilizzazione dei poteri pubblici che devono garantire la salute dei cittadini. Le stesse autorità svizzere vanno chiamate in causa per riferire lo stato effettivo delle cose e per stabilire relazioni ufficiali con le autorità italiane per risolvere l’incresciosa situazione.

La discarica di Stabio

A Stabio, proprio lungo il confine che divide la Svizzera e l’Italia, in terra elveticac’è una collina-discarica di inerti gestita da privati. A poche decine di metri vivono invece delle persone, abitanti del comune italiano di Cantello. Dalle loro finestre hanno visto crescere giorno dopo giorno, una piccola montagna d’inerti, alta 35 metri, lunga 350, profonda 50. Mentre la collina cresceva, il sole si alzava sempre più tardi per gli abitanti di Cantello. Oggi il sole arriva due ore dopo di quando il mucchio d’inerti non esisteva. Gli abitanti, organizzatisi in un movimento civico, hanno iniziato a reclamare per questa collina di rifiuti che cresceva proprio a fianco delle loro case.

Alcuni politici locali hanno ascoltato la loro protesta, trasformandola in un problema della Provincia Varese, poi della Regione Lombardia e infine un problema diplomatico tra gli Stati, Italia e Svizzera. Ma la collina ha un potere enorme. Ciò che difficilmente sarebbe stato consentito sul suolo svizzero, una discarica a fianco di abitazioni, è invece concesso proprio perché le case se ne stanno al di là del confine.

Anzi, la discarica ora raddoppia. Il comune svizzero di Stabio infatti qualche settimana fa ha rilasciato l’autorizzazione alla domanda di ampliamento della Gedis Sa e Robbiani Sa, che dovrebbe prolungarsi per tutto il crinale della Valmorea, in una zona di grande pregio turistico e naturale, per saldarsi sempre lungo il confine di stato al colle di Rodero-San Maffeo.

L’unica concessione ottenuta dai residenti e la Provincia di Varese è stata la riduzione dell’altezza massima della collina da 42 a 32 metri.

Ma non sono solo le minori ore di luce solare ad inquietare gli abitanti. In quelladiscarica, in perfetto ossequio alle leggi della patria dell’impero dei fratelli Schmidheiny della Eternit, si può depositare materiale di demolizione contenenteanche amianto del tipo cementato. In Italia questa pratica è invece proibita, poiché l’amianto è considerato rifiuto pericoloso.

Preoccupati per la loro salute,i cittadini di Cantello hanno presentato un esposto alla procura di Varese la qualeha avviato indagini sugli eventuali effetti nocivi alla salute e l’ambiente su suolo italiano causati dai liquami dalla discarica elvetica. Stando alle autorità ticinesi però non vi è nessun pericolo per l’ambiente e per le persone.

La cava di Viggiù

La cava di Viggiù si trova a pochi minuti di auto dal confine di Gaggiolo che separa la Provincia di Varese dal Canton Ticino. In direzione di Viggiù si trova unastradina sterrata che scende verso il torrente Bevera, siamo nella Val Ceresio, dove numerose sono le ferite inferte alla natura dall’attività di estrazione della pietra. Nel bosco si trova la cava Femar della famiglia Belotti. Qui era diretto il camion dell’ impresa di autotrasporti Pirazzi e Bigotti Sa di Agra, sulla sponda ticinese del Lago di Lugano, prima di essere fermato e sequestrato per una settimana dalla Guardia di Finanza nel settembre dello scorso anno con l’accusa di trasporto abusivo di rifiuti tossici.

Ora la cava Femar è chiusa, posta sotto sequestro dalla Procura di Varese per deposito abusivo di rifiuti tossici. Dai rilevamenti emersi dalla Guardia di finanza, i proprietari della Femar sono accusati di aver depositato nell’ex cava circa 133mila metri cubi di materiale di demolizione contenente anche amianto, arsenico, nichel, pregiudicando così l’ambiente circostante. Parte di questo materiale sarebbe stato trasportato dalla ditta elvetica.

Quest’ultima ha diramato un comunicato stampa nel quale dichiara: «non ci risulta che il carico contenesse rifiuti tossici». La ditta conferma il sequestro del camion, ma afferma a tutt’oggi di non aver ricevuto notifica di denuncia «da parte italiana o elvetica». Dalla Procura di Varese comunicano di non aver inoltrato alcuna denuncia perché la procedura non lo prevede.

Con ogni probabilità entro un mese chiuderanno la pratica, dando quasi per certo il rinvio a giudizio degli indagati. Dal canto suo, la ditta di Agra ha affermato di aver effettuato una ventina di viaggi verso la Cava Femar per un totale di 200 metri cubi e quindi di non essere responsabile dei 133mila metri cubi ritrovati nella cava Femar. L’impresa ticinese ha indicato in alcuni cantieri luganesi la provenienza del materiale del camion sequestrato.

L’edilizia e lo smaltimento in “Insubria”

Il Ticino non ha sufficiente sabbia e pietra per ottenere del calcestruzzo di qualità, necessario per far fronte alla domanda interna del settore edile, in particolare in questi anni di boom edile. La gran parte della ghiaia e sabbia arriva proprio dalle cave del Varesotto. L’impresa di autotrasporti quando si reca nel Varesotto a prendere la sabbia, per evitare di fare il viaggio d’andata vuoto, carica l’autocarro di materiale di scavo o di demolizione dei cantieri ticinesi e lo deposita nella ex cava.

Ma perché non depositarlo a Cà del Boscat, la discarica di Stabio, che si trova proprio sulla tratta, invece di correre dei rischi scaricandolo nella ex cava varesina? La risposta più plausibile è che in questo modo con un viaggio di soli 5 Km si svuota la discarica in modo da poterla riempire con nuovo materiale. Ma in Italia, come nel resto dei paesi europei, ogni tipo di amianto, anche quello definito “meno pericoloso”, l’amianto-cemento, deve essere smaltito come rifiuto speciale. Anche per il trasporto è necessaria un’apposita autorizzazione. In Svizzera, nella patria dell’impero dell’Eternit dei fratelli Schmidheiny, è consentito depositare nelle discariche l’amianto-cemento senza alcun problema, così come trasportarlo.

Nella discarica di Stabio smaltire l’amianto-cemento costa 25 franchi al metro cubo. In Italia molto, ma molto di più. A meno che non lo si faccia abusivamente.

Sulla stampa ticinese e varesina erano circolate delle supposizioni sulla provenienza del materiale depositato, che indicavano nella discarica Cà del Boscat di Stabio l’origine del traffico dei rifiuti. Fonti interne alla Procura di Varese affermano, per ora, di non avere riscontri che provino il collegamento tra la cava di Viggiù e quella di Stabio. La stessa Procura di Varese ha però aperto un’altra inchiesta sulla discarica di Stabio a seguito di un esposto di alcuni residenti di Gaggiolo, frazione di Cantello per i rischi alla salute e ambiente del deposito di residui di Eternit.

In Ticino, alcune fonti ipotizzano camion carichi di materiale in partenza dalla discarica di Stabio in direzione dell’Italia (si dice verso il comasco) con la compiacenza di autotrasportatori, doganieri e proprietari dei terreni nei quale verrebbe depositato abusivamente il materiale da demolizione considerato tossico in Italia.

Già nel 2006, nei terreni del deposito di un’azienda di trasporti di Cantello, l’inchiesta del Sostituto Procuratore di Varese, Tiziano Masini, portò alla luce 12mila metri cubi di catrame liquido, eternit e amianto. Sostanze pericolose stoccate sotto terra e riportate alla luce solo con l’aiuto di ruspe ed escavatori. Con il sospetto, manifestato dagli inquirenti, che il materiale nocivo potesse provenire dalla Svizzera. D’altronde in Ticino, con il boom edilizio, di rifiuti edili se ne sono prodotti in gran quantità.

L’Ufficio gestione rifiuti cantonale ha recentemente pubblicato sulla rivista Dati la statistica sui rifiuti prodotti in Ticino: il volume depositato nelle discariche per materiale inerti è quasi raddoppiato, costringendo il Cantone negli ultimi 3 anni ad ampliare la capacità di 2 milioni di metri cubi per il totale delle sette discariche autorizzate. Saranno sufficienti?

L’amianto tra i due confini

L’amianto cemento (i tetti ondulati in eternit), in Svizzera può essere tranquillamente smaltito nella discariche per inerti come normale rifiuto da demolizione. Nel resto d’Europa, no. Il diverso approccio è motivato dalla pericolosità solo in caso di inalazione e interrato non rappresenta alcun pericolo.

La differente legislazione in materia di smaltimento ha però creato un interesse economico, generatore di traffico internazionale di questo particolare rifiuto. Uno è del tipo illegale, dove si organizzano depositi abusivi, gestiti da singoli o dalla criminalità organizzata.

Il secondo invece è l’importazione dai paesi confinanti di amianto-cemento in Svizzera. Nel 2008 il Tribunale amministrativo federale ha dato ragione all’Ufficio federale dell’ambiente per aver negato l’autorizzazione nel 2007 ad una discarica di Frauenkappelen di ricevere 6mila tonnellate di amianto e eternit da due ditte italiane. Nei due anni precedenti nella stessa discarica erano stati depositati, autorizzati, 22mila tonnellate di amianto e eternit proveniente dall’Italia.

In Ticino, l’autorità federale ha scritto alle discariche cantonali, raccomandando di non accettare amianto dall’Italia. Si tratta però solo di una raccomandazione, senza sanzioni in caso di violazioni.