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Maggioranze variabili? La sbandata di Penati

Quando si pensa che la vittoria di Penati ha rappresentato una svolta nel panorama milanese e lombardo dominato dalle destre e che la sua storia di ex-sindaco della “Stalingrado d’Italia” evoca il mondo e le lotte del lavoro, risulta più ostico misurarsi con le sue attuali propensioni a flirtare con l’opposizione su contenuti cari ai conservatori, ma opposti a quelli del suo programma elettorale. Come nel caso di Cofferati, anch’egli prodigo di delusioni per il popolo di sinistra, lo stupore è pari alla sofferenza di chi aveva sperato in un cambiamento.p>

>Ma restare al dato emotivo e all’invettiva non ci porta da nessuna parte. Se anche uomini radicati nell’immaginario di sinistra, possono approdare a posizioni che fanno a pezzi gli interessi reali della nostra base sociale, occorre analizzare i processi politici in corso e attrezzarsi a contrastarli, impedendo di favorire, isolandoci e non suscitando politicamente una reazione popolare, una saldatura della rappresentanza dei cittadini – sindaci e amministratori – con i poteri forti della globalizzazione liberista e gli interessi economici dominanti nelle regioni ricche come la Lombardia. Poteri e interessi a cui invece il nuovo partito democratico è tuttaltro che insensibile.

Il nodo sta nella trasformazione politica e antropologica che riguarda la nascita del PD e nelle anticipazioni che, al riguardo, si sono già verificate nel Nord del nostro Paese, dove l’Unione, prima che altrove in Consiglio Regionale, è già stata più volte messa in discussione da DS e Margherita con prove di convergenza con Formigoni su federalismo, grandi opere, privatizzazioni.

In effetti, con la flebilità della rappresentanza del lavoro, la sua collocazione interclassista, lo slittamento verso la figura del consumatore, il PD asseconda la volontà di un ampio arco politico-economico di rimuovere dallo scenario la sinistra e di renderla ininfluente, almeno nell’azione di governo. L’aggregazione tra DS e Margherita, che qui ha preceduto quella del PD nazionale, influisce profondamente negli assetti e negli equilibri di una politica molto sensibile alle grandi opere e contigua agli affari: infatti i primi dissidi interni alla maggioranza di Penati sono avvenuti su TEM e Brebemi, fino a Malpensa e sugli assetti delle municipalizzate. L’aggregazione verso il centro esercita una forza di trascinamento, soprattutto sul piano economico e per le classi medio-alte e nel tessuto dell’imprenditoria diffusa, perché agisce in istituzioni poco democratiche, ma efficienti sul piano operativo, in un territorio molto ricco, in cui spesso il pubblico, anche dopo Tangentopoli, continua ad identificarsi con l’economia e con il sistema d’impresa. La nascita di un “PD del Nord”, comporta il farsi carico di una “questione settentrionale” a rimorchio di chi, a cominciare dalle giunte Formigoni, Colli, Albertini e Moratti l’ha fatta marcire ripagando elettoralmente tutti gli interessi più immediati con la dilapidazione del territorio, delle conquiste sociali e dei beni comuni. In questa dimensione gli eccessi securitari e i tratti xenofobi verso Rom e extracomunitari suggellano una svolta culturale, che segnala anche alla “pancia” degli elettori l’ abbandono dell’idea del territorio come patria di diritti universali.

Concluderei dicendo che l’intero disegno è volto alla conservazione del sistema economico-sociale dominante attraverso una decisa “modernizzazione” dell’economia e un consolidamento dell’egemonia culturale, su cui modellare un assetto politico e istituzionale conforme. Quindi, per dirla in breve: cambiare tutto perché non cambi niente, ma con nuove alleanze che rendano agevole l’operazione.

Il Corriere della sera applaude e chiarisce che “lungo la linea della discontinuità” Penati e Veltroni capiscono che “ i padri costituenti e le culture del Sessantotto hanno esaurito la propria funzione storica”.

Ma le “maggioranze variabili” vanno imposte nel vivo della società e a noi tocca di sconfiggere questo disegno.

Sul nostro compito sono ottimista e l’opposizione che comincia a mordere in Consiglio Regionale e la costituzione del coordinamento dei consiglieri di sinistra in Provincia lasciano ben sperare. Abbiamo una grande occasione per rispondere alla crisi dei nostri territori, ormai multiculturali e globalizzati, coinvolgendo una società vivacissima, consapevole e preoccupata di un futuro precario sotto ogni punto di vista, con approcci e programmi unitari e alternativi a una cultura lobbista e ammiccante al leghismo e all’integralismo.

1 Commento

  1. M. Maspero

    Caro Mario,

    hai ragione in tutto quello che scrivi. Non lasciamo a questa banda di neobarbari inciucisti e arraffoni la licenza di rovinare quel poco che ci resta di democrazia, libert� civili e territorio.

    Se Penati e Veltroni credono che � i padri costituenti e le culture del Sessantotto hanno esaurito la propria funzione storica� sono dei piccoli coglioni. E’ di loro che la storia non si ricorder�.

    Forza e coraggio, tantissimi la pensano come te. Hanno bisogno solo di aggregarsi e far sentire la loro voce.

    Ciao, Mario